I misteri della chiesa di Sant’Andrea a Melzo (MI)
Cosa lega la piccola chiesa di Sant’Andrea di Melzo ad un celebre ed efferato assassinio e alle opere del genio Leonardo Da Vinci?
Chiesa di Sant’Andrea
Passeggiando per le vie del centro storico di Melzo, un paese in provincia di Milano, ci troviamo di fronte alla piccola chiesa di Sant’Andrea e incuriositi da una sorta di magico richiamo decidiamo di entrarci. Qui veniamo accolti da Angelo Vargiu dell’ Associazione “Amici di Sant’Andrea” che insieme al presidente Adriano Perosi, ci illustra la storia e i misteri collegati a questa chiesa, che ha suscitato anche l’interesse di visitatori del calibro di Philippe Daverio e Vittorio Sgarbi oltre a testate giornalistiche come Il Corriere della Sera e Il Giornale.


ORIGINI
Nata come chiesa privata nel XIII secolo d.C. venne successivamente ampliata e abbellita con un ciclo di affreschi nella seconda metà del XV sec. al tempo degli Sforza. La chiesa ebbe poi alterne vicende fino all’Ottocento quando venne utilizzata come lazzaretto per i malati di colera e nei periodi bellici come base per truppe militari. Il complesso cadde poi in abbandono fino a che nel 1922 venne venduto alla famiglia Invernizzi, famosa per l’industria casearia, che lo utilizzò come deposito di merci, come abitazione civile di sfollati di guerra e come falegnameria, mentre le stupende opere che secoli prima ornavano le pareti risultavano ormai invisibili e la struttura statica era in declino.


Restauro
Nel 1968 la chiesa venne donata al parroco di Melzo Don Francesco Gerosa il quale fece iniziare immediatamente i lavori di restauro e recupero architettonico. Nel 1985 si costituì l’Associazione “Amici di Sant’Andrea”, che con la collaborazione della Parrocchia di Sant’Alessandro, della Fondazione Cariplo, della Regione Lombardia, del Comune di Melzo e di privati, contribuì alla valorizzazione dell’edificio.
Il misterioso teschio ritrovato
Durante i lavori di recupero architettonico Adriano Perosi e gli operai sul posto ritrovarono un teschio in posizione adiacente all’altare e subito pensarono potesse essere una momentanea deposizione riguardante una persona molto importante.

Galeazzo maria visconti e lucia marliani
Incuriosito dal ritrovamento Adriano Perosi fece delle ricerche storiche e scoprì che Galeazzo Maria Sforza, Duca di Milano, frequentava spesso Melzo per incontrare la sua amante Lucia Marliani, alla quale fece ingenti donazioni, investendola anche del titolo di Contessa di Melzo, fino a che il 26 Dicembre 1476, nella chiesa di Santo Stefano a Milano, Galeazzo Maria fu assassinato per mano di Giovanni Maria Lampugnani e di altri congiurati. Il Duca di Milano non era particolarmente amato per il suo carattere scontroso e molto rigido, tanto che si narra che venne sepolto furtivamente in un anonimo luogo nel Duomo di Milano, ma dei suoi resti non si trovò mai traccia.
Le Perizie
Adriano Perosi ebbe il sospetto che il teschio potesse essere proprio quello di Galeazzo Maria Sforza e chiese la consulenza di Cristina Cattaneo, nota antropologa e professore ordinario di Medicina Legale dell’Università degli Studi di Milano, per fare delle perizie antropologiche al fine di dare un nome al cranio ritrovato. Dopo aver analizzato denti, ossa ed aver effettuato la prova del carbonio 14, si arrivò alla conclusione che il soggetto fosse un uomo di circa 33 anni vissuto nell’epoca di Galeazzo Maria Sforza e che avesse avuto lesioni e malattie compatibili con quelle del Duca di Milano documentate negli archivi storici. In ultima analisi la ricostruzione del volto del soggetto effettuata da Davide Porta, famoso esperto di medicina legale, con la collaborazione iconografica della Professoressa Francesca Maria Vaglienti, rivelò che la fisionomia del soggetto a cui appartenne il teschio è straordinariamente somigliante alle raffigurazioni di Galeazzo Maria Sforza riportate sulle monete dell’epoca oltre che assomigliare anche al profilo della madre del Duca, Bianca Maria Sforza.


Ma allora perché il teschio di Galeazzo Maria Sforza potrebbe essere stato portato a Melzo e su volere di chi? Cosa c’entra in tutto questo Leonardo da Vinci?
Caterina Sforza
L’ipotesi più accreditata potrebbe essere quella che fu su volere del fratello Ludovico il Moro per annullare la memoria del fratello defunto, cancellando le testimonianze e i documenti che lo potessero ricordare. In occasione della rievocazione dopo dieci anni dall’uccisione di Galeazzo Maria Sforza, sua figlia Caterina, invitata dallo zio, venne a Milano dove conobbe Leonardo da Vinci e tra i due nacque una solida amicizia.
Gli affreschi
Gli affreschi in zona absidale della chiesa, potrebbero essere opera di diversi artisti della scuola di Bernardino Zenale, amico di Leonardo, e sono dedicati alla persona di cui è stato ritrovato il teschio, quindi molto probabilmente a Galeazzo Maria Sforza.
Leonardo Da Vinci
Come ci fanno però notare Angelo Vargiu e Adriano Perosi, essendo Leonardo un amante della simbologia, ed avendo partecipato alla rievocazione della morte di Galeazzo Maria Sforza potrebbe addirittura essere sua la mano (o entrambe le mani) dietro alcuni degli affreschi presenti nella chiesa di Sant’Andrea. Cosa fa supporre questo? Caterina Sforza era molto amica di Leonardo da Vinci e vi sono ipotesi che la famosissima “Dama con ermellino” ritraesse proprio lei e non Cecilia Gallerani che all’epoca era amante di Ludovico il Moro. Infatti le perle nere che ne adornano il collo sarebbero un simbolo di lutto per la morte del padre Galeazzo Maria mentre l’ermellino, che in toscano viene chiamato albero di Sant’Andrea, si riferirebbe allo stemma araldico di Andrea Lampugnani, assassino di suo padre. Inoltre sul vestito della donna vi è un disegno che simboleggia la croce di Sant’Andrea. Dove ritroviamo questo simbolo?

Croce di Sant’Andrea
Il simbolo si ritrova proprio nella chiesa di Sant’Andrea, sotto l’affresco raffigurante Santo Stefano sul pilastro destro dell’abside, ricordiamo che l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza avvenne a Santo Stefano. Nella chiesa vi sono raffigurati tra gli altri anche Santa Caterina D’Alessandria con offerente (Caterina Sforza), San Girolamo con offerente (Girolamo Riario marito di Caterina), l’Immacolata Concezione tra i due affreschi precedenti, una “Pesca Miracolosa”, San Rocco, Sant’Antonio, San Bartolomeo ed il martirio di Sant’Andrea.


La presenza di Caterina e Riario testimonia quanta importanza avesse questa chiesa per la figlia di Galeazzo Maria ed è ipotizzabile che possa essere stata proprio lei la committente degli affreschi per simboleggiare il perdono. Perdono nei confronti della mano che assassinò il padre e nei confronti del mandante che armò quella mano. Potrebbe Caterina aver chiesto proprio al suo amico Leonardo di partecipare personalmente alla creazione del ciclo di affreschi? Ad avvalorare questa ipotesi Angelo e Adriano ci mostrano altri simboli “leonardeschi”.

Gli indizi
QUADRATURA DEL CERCHIO
Oltre alla croce di Sant’Andrea, sul pilastro di sinistra dell’abside, sotto a Sant’Antonio troviamo una raffigurazione della quadratura del cerchio, molto simile a quella presente sul Codice Atlantico di Leonardo del quale ricordiamo la sua frase: “la notte di Sant’Andrea trovai il fine della Quadratura del Cerchio”, presente nel codice Madrid II, che potrebbe significare che Leonardo cercò elementi che potessero far emergere la verità sulla congiura ordita ai danni del Duca di Milano.

CODICE WINDSOR
Angelo e Adriano ci mostrano l’Emblema Sforzesco disegnato da Leonardo sul Codice Windsor, che raffigura due biscioni intrecciati in lotta tra di loro, avvinghiati a due travicelli che formano la croce di Sant’Andrea, con ai lati le consonanti G a sinistra ed M a destra, come a rappresentare i due contendenti al potere, Galeazzo Maria Sforza e Ludovico il Moro, mentre la croce di Sant’Andrea rappresenterebbe l’uccisore di Galeazzo, Andrea da Lampugnano. Questo è uno degli indizi che fanno pensare che il mandante della congiura contro il Duca di Milano potesse essere proprio il fratello Ludovico il Moro, anche se in quel periodo si trovava in Francia.

Angelo e Adriano ci raccontano di aver fotografato direttamente il foglio dal Codice Windsor, a Londra su autorizzazione delle Collezioni Reali del Castello di Windsor. In seguito l’Associazione “Amici di Sant’Andrea” ottenne un ringraziamento ufficiale dalla Casa Reale del Regno Unito per aver fornito nuove informazioni sul Codice Windsor.
L’impronta leonardesca
Le ultime testimonianze che possono far presagire un intervento diretto di Leonardo da Vinci, si possono ritrovare nella tecnica, nel tratto ed in alcuni elementi ricorrenti nelle sue opere, come mostratoci da Angelo e Adriano.

Nel martirio di Sant’Andrea sulla sinistra dell’abside, possiamo trovare un volto di profilo molto simile a quello dello Studio di Testa di Guerriero per la Battaglia di Anghiari.

Uno dei bambini raffigurati presenta fossette sulla mano sinistra uguali a quelle di un disegno di Leonardo e inoltre una serie di personaggi vengono raffigurati come delle “grottesche”, in puro stile leonardesco.

La donna con in braccio un bambino ha una torsione del corpo che si può ritrovare nel Trattato della Pittura “De’ movimenti dell’uomo” e l’anatomia dei piedi della donna rispecchia fedelmente quella tipica delle opere di Leonardo.

Trattandosi di scuola Leonardesca tutti questi elementi potrebbero essere il frutto di altri autori, ma ci sono alcune caratteristiche che ci inducono a pensare che potrebbero condurre alla mano di Leonardo o ad entrambe le mani, visto che il tratto inciso in alcuni punti della parete, realizzata a secco, come confermato dai grafologi chiamati in causa da Adriano Perosi, è certamente opera di una persona ambidestra ed è risaputo che nessuno dei suoi allievi aveva questo dono.


Infine secondo una recente ricerca della rivista Nature Communications si è constatato che i più grandi maestri pittori usavano tuorlo d’uovo per permettere ai colori di resistere nel tempo ed essendo state rinvenute tracce di tuorlo d’uovo nella pittura utilizzata per gli affreschi della chiesa di Sant’Andrea come in altre opere di Leonardo, potremmo trovarci di fronte ad un altro fondamentale elemento che confermi l’attività del grande genio rinascimentale in questa chiesa.

il parere di Philippe Daverio

La Foto selezionata all’ international Photo Challenge 2000 New York

Ringraziamo con il cuore colmo di gioia ed emozione gli Amici di Sant’Andrea e li salutiamo con la promessa di far conoscere a più persone possibili questo scrigno di misteri.
https://www.amicisantandrea.com/

Max Luciani e Paola Gentili
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